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venerdì 18 dicembre 2015

L'UOMO CHE AFFONDA

Precipito
e lentamente, agonizzando
raggiungo il fondo del fondo
e varco la soglia dell’inferno
è proprio là che la mia anima
troverà un rifugio sicuro.

Non mi pento
dell’aver bestemmiato un Dio
che senza alcun ripensamento
ha fatto poltiglia, poi cenere
del mio cuore malandato
del mio sorriso alienato.

Nessun rimpianto
poiché l’amore è filo spinato
che lacera muscoli e carne
è la caduta nella tela del ragno
ad attendere la propria morte
quale destino ineluttabile.

È tempo di andare
ad affrontare l’oscura voragine
con la pace dell’apatia
poche le voci, ancor meno gli sguardi
solamente sussurri e bisbigli
mi accompagno verso il grande buio.

  N° 3061 - 18 dicembre 2015

                                                       Il Custode

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