Raccontò, il
pipistrello
d’avere percorso la notte
cercando l’ombra di Azimut.
Passato il
gelo di Antartide
impattò un riflesso di luce
ed il cuore iniziò a sussultare
nel timore fosse il nuovo giorno.
Ma quel
bagliore talmente intenso
non era che un frammento insolente
che si staccò dall’aurora Boreale
per adulare la pallida luna
e fare perdere il senno alle nuvole.
Bevendo
nettare dai ghiacciai
si dissetò, il pipistrello
e benché appartenesse all’estate
gli garbava quel freddo pungente
che penetrava il suo mantello
facendo lacrimare il suo naso.
Ma si sa, il
vento è dispettoso
e portò sino alle sue narici
l’afrodisiaco odore del glicine
e l’ammoniaca urinata nell’antro
dentro il quale riposava, nel buio
al riparo dall’aquila e dal falco
dalla maldicenza dei benpensanti.
E però
l’oceano era vasto
troppo per le sue deboli ali
e attraversarlo fu un’utopia
la temeraria impresa del folle
sicché la morte giunse veloce
prima dell’alba e del sole rovente
che illuminò i resti del pipistrello
incastonati dentro la neve.
N° 3274 - 20 maggio 2017
Il Custode
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