Non ho più una
patria
né tantomeno speranza
svenduto è il mio futuro
per pochi voti e molti denari.
Nell’invisibile
confine
io resto in balìa del limbo
ed ammiccano potenti e profughi
gli uni complici degli altri.
Il vento mi
reca i lamenti
di chi giace disilluso
dalle menzogne dei burattinai
infami artefici del mio esilio.
Mi dolgo della
mia cecità
adesso che vago nel nulla
e vorrei calpestare le terre
che furono mie per diritto.
Nessun sole,
né alcuna luna
solamente una fitta nebbia
giungono voci, parole straniere
che non tollero e non comprendo.
Non ho più una
patria
attendo solo la fine dei giorni
ingannato è il mio destino
da pochi sogni e molta ipocrisia.
N° 3339 - 28 dicembre 2017
Il Custode